Alain Mikli: vestire gli occhi per omaggiare l’anima

In una passata intervista dichiarò che avere un naso grande l’aveva spinto a cercare un modo per nasconderlo utilizzando gli occhiali…
Chiediamo al famosissimo designer di ‘lunette’ Alain Mikli se sia andata proprio così.

Più seriamente, qual è stato il suo percorso nel mondo degli occhiali?

“È stato il caso a indirizzare il mio percorso: una catena di eventi mi ha portato a studiare per diventare ottico e alla fine mi sono trasformato in un designer di occhiali. La vita a volte fa le cose molto bene, specialmente quando si è innocenti o ignari e non molto sicuri di sé. È molto difficile a 14 anni scegliere una carriera professionale (in Francia ci viene chiesto di decidere molto presto del nostro futuro).

Ciò che credo conti, più di ogni altra considerazione, è mettere tantissima passione in quello che la vita ci offre o propone, e cercare sempre di essere i migliori in quello che si fa”.

 

Cosa sognava di fare Alain Miklitarian da bambino?

“Da bambino sognavo di essere una guardia forestale, così da godermi lunghi sonnellini sotto gli alberi, lontano dallo sguardo delle persone. Sfortunatamente ho dovuto allegare la mia ultima pagella alla richiesta di arruolamento, e mi hanno rifiutato. Non ero uno studente di matematica abbastanza bravo. È incredibile come al tempo non mi fossi reso conto di quanto fosse importante la matematica per potersi permettere un pisolino sotto gli alberi.

È stato allora che mi sono iscritto a un istituto professionale di meccanica in cui ho seguito il corso di ottica industriale per realizzare telescopi, fino a capitare nella classe che preparava per la professione dell’ottico”.

Quali influenze culturali hanno pesato sulla sua formazione di uomo e designer?

“Essendo i miei genitori di origine armena, la loro cultura natia mi ha inconsapevolmente influenzato per tutta la vita. Radici ancora ben salde in me. Essere armeno, nel mondo di oggi, significa essere liberi di sentirsi cittadini universali, di essere al servizio dell’umanità senza confini e senza restrizioni di pensiero. Essere armeno significa godere del piacere di ricevere, di vivere, di amare. Significa saper gustare amicizia, pace, rispetto, le eleganti provocazioni, l’indipendenza, la condivisione, la cucina. Valori che sappiamo apprezzare perché in tante occasioni molti hanno cercato di portarcele via. Valori che si ritrovano nel mio lavoro e nelle mie creazioni attraverso una grande diversità di forme e colori. Ogni individuo è caratterizzato dal suo DNA in cui è racchiusa tutta la sua storia, unica e irripetibile, e i suoi occhiali devono solo rispettare questo unicum. Non ho mai voluto che chi sceglie i miei occhiali si ritrovasse a indossare una maschera universale e che avesse l’illusione di appartenere alla tribù della moda. Sarebbe come nascondersi dietro un’immagine impersonale e massificata”.

 

Non ha mai parlato in modo molto favorevole della moda. Come mai?

“La moda non esiste per rispettare il consumatore, bensì per sfruttarlo, per svuotargli il portafogli facendogli credere che sarà il più bello e il più intelligente. Per essere diretto: questo modo di pensare è assolutamente contrario al mio e, per essere anche sincero, non credo sarei in grado di poter raggiungere il miglior design possibile e risultare alla moda ogni stagione.

A volte alcune delle mie creazioni sono diventate oggetti di moda cult. Vi assicuro che non è stato un risultato né cercato né voluto, ma un contrattempo accaduto con mia enorme sorpresa”.

 

Quali concetti e quale filosofia estetica guidano la creazione di un suo nuovo pezzo?

“Sono ossessionato dal concetto di libertà: il non voler appartenere a un clan in cui ogni individuo perde la sua anima per assomigliare al prossimo. Cosa c’è di più bello che leggere sul viso di una persona la sua anima attraverso l’impronta del tempo o della giovinezza, o ancora degli incidenti della vita? Perché nascondere tutta questa ricchezza dietro un ornamento che trasmette codici di moda anonimi? Una filosofia che mi ha permesso di passare dai semplici occhiali rotondi agli occhiali triangolari asimmetrici o alle persiane sugli occhi”.

Se gli occhi sono lo specchio dell’anima, quanto è importante per lei “vestirli” con le sue creazioni?

“Vestire gli occhi, che rappresentano il legame diretto con l’anima, significa prender parte all’affascinante gioco con se stessi e con gli altri. Puoi evidenziare alcuni tratti del tuo carattere o, al contrario, rimanere misterioso nascondendoli. Cosa potrebbe esserci di più bello del provare una tale fiducia in se stessi da potersi permettere di giocare costantemente con le mille e una sfaccettature della propria anima. Da qui il via libera per una grande diversificazione di forme e colori”.

 

Dove trova l’ispirazione per le sue proposte, mai banali?

“Le ispirazioni scaturiscono proprio dagli occhi di tutte le persone sconosciute che ho incontrato ai quattro angoli del mondo. Il mio stile di vita mi porta a osservare tutto ciò che mi circonda, a leggere i volti, a osservare gli sguardi. Questa ricchezza umana mi ha naturalmente guidato nelle mie creazioni. La bellezza dell’espressione di un volto sta nella sottigliezza dell’imperfezione, il lato destro del nostro viso è completamente diverso dal sinistro, senza che ciò ci colpisca o disturbi, anzi è questo squilibrio che alimenta il nostro fascino.

Quando si progetta un’automobile, oggi, la si immagina e la si costruisce con la massima precisione e una perfetta simmetria. Che tristezza e che banalità, non c’è più spazio per l’emozione in un mondo che pretende la perfezione”.

 

Se dovesse indicare le principali caratteristiche delle sue proposte, quale sceglierebbe?

“La provocazione”.

 

Può raccontarci la storia di come sono nati i suoi primi occhiali?

“Ero molto timido e non sapevo disegnare, il mio primo paio di occhiali era insignificante e senza alcuna personalità, somigliava a un qualsiasi occhiale. Mostrano tutta la portata del mio talento creativo. Fortunatamente, non ho studiato design e all’inizio non ho capito il significato della mia vita”.

 

Le piace essere non solo creativo, ma anche imprenditore?

“Sì, un aspetto si collega all’altro, devi impegnarti a creare e devi creare per sviluppare business. Nel mio caso, in primo luogo, voglio essere un buon imprenditore, per essere in grado di finanziare l’innovazione. Ad esempio, per lanciare il modello Biolink di Starck (occhiali da vista e da sole caratterizzati da una cerniera senza vite concepita sul modello della clavicola umana, che permette all’asta un movimento di 360°. Un gioiello di biomeccanica applicato al design fashion e al mondo dell’ottica, n.d.r.), abbiamo dovuto investire ingenti somme di denaro per sviluppare e commercializzare con successo un’innovazione, la quale ci ha permesso di realizzare occhiali molto diversi rispetto al passato”.

 

Un aneddoto curioso relativo a un suo famoso cliente?

“Senza fare nomi, posso raccontare di un paio di occhiali che credo siano divenuti i più costosi al mondo. Una creazione unica per un personaggio unico.

Eravamo in ritardo nella produzione di questo pezzo unico nel nostro laboratorio parigino. Gli occhiali sarebbero poi dovuti volare molto lontano per essere consegnati il giorno stesso. Il nostro cliente decise, quindi, di far bloccare un aereo e tutti i suoi passeggeri per diverse ore, e darci così il tempo di finirne la lavorazione. Non ho mai osato calcolare la spesa finale per quel paio, considerato il prezzo del nostro lavoro e il costo aggiuntivo del blocco di un aereo con oltre 300 persone a bordo”.

 

Molte persone famose hanno sfoggiato i suoi occhiali. Quale l’ha colpita di più?

“Hanno tutti una cosa in comune: hanno tutti pagato i miei occhiali per diventare ancora più famosi. E non ho mai usato la loro immagine per fare affari. Mi ha dato molta più soddisfazione incontrare per strada un illustre sconosciuto che indossava una mia creazione. Non vedo il motivo di dover sempre chiamare una celebrità per trasmettere un messaggio?”

 

Sono un grande fan di Elton John. Cosa ha significato per lei come persona e nella tua carriera?

“Elton è spensieratezza e generosità, sa cosa significa mettersi in mostra e allo stesso tempo pensare al futuro. Un giorno ci ha fatto chiudere il nostro negozio di ottica in rue des Rosiers per poter ammirare e scegliere in tutta tranquillità. Credo quel giorno abbia comprato circa 80 montature a cui aggiungere lenti correttive. Poiché eravamo andati ben oltre il tempo concordato, ci ha lasciato la sua carta di credito per venirci incontro. È un signore che abbina la gentilezza al suo talento, non direi lo stesso di alcun altro ho incontrato”.

 

A chi regalerebbe un paio dei suoi occhiali oggi? Chi ne avrebbe bisogno?

“A tutti i politici, chiedendo loro di imparare a mostrare il loro vero volto e smetterla di fare discorsi e promesse irreali”.

 

Per tutta la vita ha avuto a che fare con la vista… negli ultimi anni ha lavorato duramente anche per chi non ha questo dono.

“Da circa 30 anni mi impegno in progetti che rendano fruibile l’arte e la bellezza del mondo a persone con disabilità visive. A me la vista ha dato tanto, mi sembra giusto aiutare in qualche modo anche coloro che non hanno avuto altrettanta fortuna sotto quell’aspetto”.

 

L’innovazione tecnologica interessa ormai tutti i settori. Lei la abbraccia o preferisce affidarsi alla tradizione?

“La tradizione fa bene a guardare al passato, ma è necessario immaginare un futuro innovativo. È l’innovazione a guidare le nostre vite verso il domani in cui dovremo continuare a conquistare l’universo spingendo sempre un po’ più in là i limiti dell’infinito.

D’altra parte, l’innovazione a breve termine è pericolosa per un’azienda. È molto onerosa ed è molto complicato raccoglierne i profitti”.

 

Cosa fa Alain Miklitarian quando non pensa agli occhiali?

“Non molto, finalmente mi prendo il tempo per uscire, fare marmellate, cucinare per la famiglia e gli amici, giardinaggio, armeggiare senza sudare. Adoro fare un giro in una delle mie vecchie macchine, scoprire posti proprio accanto a casa mia, posti che ho ignorato per tanti anni. Ho la fortuna di avere una casa in Corsica e mi concedo di intraprendere l’antico viaggio da Parigi a Tolone dove è ormeggiata la mia barca. Sono 24 ore di viaggio se tutto va bene, quando in aereo ce ne impiegherei solo 3. Ritengo un lusso trascorrere così il tempo, solo per il gusto di farlo”.

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